Altre
Moschina e Edile
Un’unica testimonianza:
Ateneo, VII 297 b:
Edilo di Samo o di Atene dice che Glaucone, innamorato di Melicerto, si gettò in mare. Edile, la madre di questo poeta, figlia di Moschina, poetessa di giambi dell’Attica, racconta in un’opera intitolata “Scilla” che Glaucone innamorato di Scilla andò nel di lei antro
“… o il dono (portando) di una conchiglia
strappata da una rupe d’Eritra,
o i piccoli degli alcioni ancora implumi,
per piegare l’inesorabile ninfa. Anche una vergine sirena
che abitava vicino, aveva pietà delle lacrime di lui,
giacché egli giungeva a nuoto
sino a quel lido e nelle vicinanze dell’Etna”
Dunque il poeta Edilo di Samo, scrittore di epigrammi contemporaneo e amico di Asclepiade di Samo (III-II a.C.), proveniva da una famiglia in cui la poesia era di casa e veniva tramandata, in linea femminile, da madre a figlia.
Sua nonna Moschina, infatti, era stata poetessa attica di giambi, e sua madre Edile aveva scritto un poema elegiaco intitolato “Scilla” di cui Ateneo conserva un frammento.
Di nessuna delle due ci è stato tramandato niente.
Melinno (o MELINO)
Non conosciamo la sua cronologia. Potrebbe essere vissuta nel secondo secolo aC. Ci è rimasta una sola poesia superstite: un inno greco per la dea Roma, in cinque strofi saffiche, tramandato da Stobeo.
Di Melinno di Lesbo, a Roma:
Salve, Roma, figlia di Ares,
dall’aurea mitra, saggia signora,
che abiti sulla terra il santo Olimpo
sempre intatto.
A te sola, veneranda, concesse il Fato
la gloria di regio indistruttibile dominio,
affinché, avendo potenza sovrana,
tu regni.
Sotto il giogo delle tue forti redini
sono strette le distese della terra e del mare spumeggiante
e tu sicuramente governi
rocche di popoli.
Il tempo infinito che ogni cosa abbatte
e muta ora in un modo ora in un altro la vita
per te sola non cambia il vento favorevole
del dominio.
Giacché certamente di tutti
tu sola produci grandi uomini
fortissimi nel combattere armati di lancia
come se mandassi fuori da mortali
il frutto perfetto di Demetra.
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Amalia Margherita CIRIO
novembre 14, 2016 at 08:43
Collana SATURA : Amalia Margherita Cirio, GLI EPIGRAMMI DI GIULIA BALBILLA (RICORDI DI
UNA DAMA DI CORTE) E ALTRI TESTI AL FEMMINILE SUL COLOSSO DI MEMNONE Pensa
MultiMedia 2011
SBN: 978-88-8232-886-3
Gli Epigrammi di Giulia Balbilla, insieme con altre testimonianze di omaggio, sono incisi
sulle gambe del “Colosso di Memnone”, che si innalza presso Tebe d’Egitto: tale
caratteristica della trasmissione ha contribuito a lungo a far considerare questi testi
materiale di quasi esclusiva rilevanza antiquaria, epigrafica ed archeologica; essi, invece,
risultano importanti anche sotto il profilo storico-letterario e linguistico, perché sono l’ultima
testimonianza a noi nota dell’uso dell’eolico come dialetto letterario. Lo studio di questi
Epigrammi risulta anche di notevole interesse dal punto di vista storico-geografico per
l’ambientazione in un’area particolare dell’Impero Romano, l’Egitto adrianeo, ed in età
tarda rispetto ai primi documenti in eolico letterario, risalenti all’età arcaica, di Saffo e
Alceo. Inoltre il contesto costituito dalle epigrafi, sia in lingua greca sia in lingua latina, che
corredano il “Colosso”, documenta le pratiche, di tipo religioso e sacrale, che si
svilupparono, a partire dall’età imperiale, intorno a questa statua “parlante”.
Lʼautrice di questi epigrammi, Giulia Balbilla, non è più la «confidente del momento»
dellʼimperatrice Vibia Sabina, una che «componeva versi greci abbastanza bene», «la
sciocca che credeva di udire, allʼalba, la voce misteriosa di Memnone», che emerge dal
libro di Marguerite Yourcenar, ma piuttosto la poetessa esclusa dai testi moderni di storia
della letteratura greca, considerata una dilettante non significativa né per la storia della
letteratura né per quella dei dialetti letterari greci, finita nel calderone delle innumerevoli
epigrafi del Colosso di Memnone a Tebe dʼEgitto; una figura di donna di stirpe regale, una
donna che si sentiva pari alla sua amata imperatrice e, soprattutto, una intellettuale colta e
inserita perfettamente nella vita culturale, religiosa e politica della sua epoca( come
dimostra la sapienza profusa nel comporre gli epigrammi) e nel progetto di restaurazione
classica del suo imperatore. Una donna curiosa del mondo e di una religiosità moderna e
tollerante, come era tradizione della sua famiglia, e colta al punto di decidere di ispirarsi
alla più conosciuta poetessa greca, Saffo, per scrivere quegli epigrammi che avrebbero ricordato
il passaggio suo e della coppia imperiale presso la famosa statua “parlante” di
Tebe dʼEgitto.
Nel nostro tempo dʼincertezze trovare brani, come questi di Giulia Balbilla, da cui traspare
la vita, è una provocazione tale che spinge a cercare di conoscere, con tutti gli ausili
possibili, quanto più si può di questa poetessa: bisogna anche confessare che lʼautrice
stessa ci aiuta, perché la sua personalità, volutamente, cerca di farsi conoscere da chi
leggerà i suoi versi. E quello che non ci dice direttamente traspare dallʼuso che fa della
versificazione, del dialetto, e dalla costruzione raffinata dei suoi epigrammi. Nel libro sono
raccolte anche testimonianze epigrafiche ed iconografiche che completano la figura della
poetessa rendendole , finalmente , il posto che le spetta e chiarendoci definitivamente che
si tratta di una delle figure più importanti della sua epoca,inserita nelle vicende intime e
pubbliche dellʼimperatore Adriano e della di lui famiglia.
maria rosa orrù
novembre 16, 2016 at 19:33
Grazie Amalia per il tuo bel contributo. In verità mi sento molto in colpa per avere interrotto le mie ricerche prima di arrivare alla conclusione. Ora il tuo intervento copre una delle mie lacune e mi invita certamente a riprendere lo studio. Ti ringrazio