Erinna
LA POETESSA
Secondo J. Vara (Habis, 1973), l’epigramma anonimo contenuto nell’Antologia Palatina (IX, 190) è la fonte più antica su Erinna. Esso non esita ad equiparare i versi della poetessa a quelli di Omero e a considerare i suoi esametri superiori a quelli di Saffo.
A.P. IX, 190 Anonimo
Questo è un favo di Lesbo, d’Erinna:
una piccola cosa,
che le Muse colmarono di miele.
Sono i suoi versi trecento, ma valgono quelli di Omero.
Era una bimba di diciannove anni,
con una madre temuta. Sedeva alla rocca, alla tela,
nel suo servigio dedita alle Muse.
Se nella lirica vale più Saffo di Erinna, del pari
Negli esametri Erinna vince Saffo
C’è chi ritiene che questo epigramma potesse servire da prologo all’edizione dell’opera di Erinna, insieme all’epigramma di Asclepiade di Samo (A.P. VII, 11).
A.P. VII,11 Asclepiade di Samo
Questa è la dolce fatica d’Erinna, di piccola mole
– era una bimba di diciannov’anni –
ma più gagliarda di molte. Se l’Ade a me non veniva
così precoce, chi così famoso?
Essi hanno in comune la “dolcezza” di Erinna, lo scarso volume della sua opera e la sua fama. Tutti elementi che si rintracciano anche in altri epigrammi e opere che parlano di lei.
Le fonti epigrammatiche tratte dall’Antologia Palatina sono tutte lodi di poeti che ebbero modo di conoscere e di apprezzare la poetessa e che, presumibilmente, contribuirono a diffonderne la conoscenza.
Se l’opera di Erinna fu pubblicata, come si pensa, intorno al 360 a.C. (J. Vara), più di duecento anni dopo la leggevano e la decantavano Antipatro di Sidone (intorno al 130) e Meleagro (intorno al 100). E questi autori costituirono gli anelli della catena che consentì la diffusione del testo di Erinna. leggi txt di Meleagro>>>
Antipatro di Sidone (A.P. VII,713)
Pochi i versi d’Erinna, non ricchi i suoi canti, ma dono
Fu della Musa questo carme breve.
Ecco perché nel ricordo si staglia né resta ravvolto
Nell’ala ombrosa della notte nera.
Noi, questa massa promiscua d’innumeri nuovi poeti,
ci struggiamo, straniero, nell’oblio.
Meglio il bisbiglio del cigno che un gran crocidare di gracci
Che dilaga fra nubi a primavera
Secondo il Vara, lo scenario della conservazione dell’opera di Erinna sarebbe stato l’isola di Cos, presso la quale si trovava Telo, patria di Erinna, e che ospitò insigni poeti come Asclepiade di Samo, Eroda, Filita, Teocrito, Leonida. Forse Cos possedeva importanti biblioteche e, forse, nei fondi di queste biblioteche c’era anche l’opera di Erinna.
Altre fonti ci forniscono notizie biografiche della poetessa: la provenienza (da Telo, Teno, Teo? – v. Suda e Stefano di Bisanzio), l’epoca in cui visse (v. Eusebio, Suda), l’opera (v. Suda e Plinio); talvolta, però, le notizie sono di dubbio valore: per esempio sarebbe un errore quello che vuole la morte di Erinna a diciannove anni. Numerose sono anche le testimonianze del suo valore poetico.
STEFANO DI BISANZIO (Etn. 622,3)
Alla voce Tenos (isola delle Cicladi):
Alla voce Erinna:
Di Teo o di Lesbo, secondo altri di Telo. Telo è un’isoletta vicino a Cnido. Alcuni invece la credettero addirittura Rodia. Era una poetessa. Scrisse “La conocchia”: è un poema in dialetto eolico e dorico, di trecento versi. Scrisse epigrammi. Muore giovane a 19 anni. I suoi versi furono giudicati uguali a quelli di Omero. Era compagna di Saffo e sua contemporanea. (leggi testo greco>>>)
ANONIMO (A.P. VII,12)
Fresco il tuo parto – un maggio ridente di canti di miele –
fresca al labbro di cigno la favella,
quando nell’Ade ti spinse, sull’onda larga dei morti,
la Parca, che conocchia regge e fila.
L’alta fatica dei versi proclama che morta non sei,
Erinna, e danzi con le Muse in coro
LEONIDA (o MELEAGRO) – A.P. VII,13
Vergine ape novella fra tutti i poeti, mieteva
fiori di Muse Erinna. All’imeneo
Ade la trasse di forza. Con quanta ragione la bimba
“Ade – diceva – tu maligno sei!”
L’OPERA
Dell’opera di Erinna sappiamo che era esigua (Suda e A.P.) e che era composta da esametri ed epigrammi. La notizia dello scarso volume e della brevità dell’opera sembra essere certa perché si trova in A.P. IX,190, che è la fonte più antica, e in A.P. VII,713 (sopra citati).
La poesia in esametri è un poemetto intitolato La Conocchia e constava di 300 esametri. Ce ne parla anche la SUDA, la quale afferma che era scritta in un dialetto metà dorico metà eolico. Quali e quanti fossero, invece, gli epigrammi non è dato di sapere; possediamo solo quelli conservati da Meleagro (A.P. 7,710 e VII, 712) e A.P. V, 352.
Erinna scrisse poco, quindi, ma ci è pervenuto abbastanza, seppure La Conocchia ci sia giunta in uno stato davvero rovinoso e impossibile da ricostruire. Ci è stata tramandata da un papiro scoperto dal Breccia nel 1928, grazie al quale ora possiamo leggere una sessantina di versi dedicati all’amica Bauci. Prima di allora possedevamo solo due esametri conservati da Stobeo (V,51) leggi txt>>>.
Clicca qui per leggere il testo, molto rovinato, conservato dal papiro e la sua traduzione.
Nella Conocchia Erinna esprime il suo dolore per la morte dell’amica Baucide, avvenuta poco dopo le nozze. Ricorda i momenti spensierati e i giochi infantili, le ore felici trascorse con lei, sua inseparabile compagna di lavoro della conocchia.
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